Salviamo la cascina Basmetto.
S.O.S.
Emergenza Paesaggio, dal sito del FAI - Fondo Ambiente Italiano La Cascina Basmetto è un insediamento rurale, sito in località Chiesa Rossa, che risale, secondo notizie storiche, al XIV secolo. L’area limitrofa alla cascina, oggi occupata da terreni coltivati, è interessata da un Piano di Lottizzazione che prevede la realizzazione di sei edifici per un totale di 88.000 mc di cemento. L’immobile, di proprietà del comune di Milano dal 1942, è sottoposto ad un vincolo architettonico ai sensi del D.Lgs. 42/2004. Art. 10, c. 1, mentre i terreni che circondano la cascina sono in affitto a privati e vengono coltivati per 40 ettari a riso e per circa 10 a mais.
Il Piano di Lottizzazione, se attuato, comprometterà definitivamente lo svolgimento dell’attività agricola e, di conseguenza, causerà una perdita del valore storico dell’edificio rurale.
Il FAI – Fondo Ambiente Italiano - ha scritto alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Milano in quanto la cascina è vincolata dal 2006 ed è dunque auspicabile che la Soprintendenza valuti con attenzione un intervento così invasivo per l’attività caratterizzante la cascina, cioè quella agricola.
6° Censimento Fai - Fondo Ambiente Italiano - “i luoghi del cuore”
Cascina
Basmetto: luogo del cuore
Risalendo
da sud la Statale dei Giovi, che corre lungo la sponda del Naviglio Pavese,
quando si giunge all’estremo confine del comune di Milano, ci si trova in uno
scampolo di terra sospeso tra città e campagna, tra storia e futuro.
Chi giunge in città si trova di fronte
ad una fotografia del presente che dona un’insolita sensazione di bellezza: chi
arriva nella metropoli, appena superato il cartello con la scritta Milano, è
accolto dalle storiche e rassicuranti mura di una cascina, antichi mattoni
rossi disposti a quadrilatero per difendere lo spazio comune dell’aia, tetti
spioventi e porticati per difendersi dal maltempo.
La
cascina appare come una macchia di colore calata nel verde dei campi, una forma
che appare perfetta, una sorta di atollo collocato, in alcune stagioni, nello
specchio d’acqua delle risaie.
Questo
è un vero angolo di periferia, dove lo sguardo si può lanciare lungo una linea
prospettica capace di accompagnare lo spirito di osservazione, dove l’ambiente
tiene insieme la fine e l’inizio; è proprio nella periferia che la natura
finisce e inizia la costruzione.
Lo
sguardo che incontra questi muri di mattoni rossi sente il tempo che scorre, il
ritmo delle stagioni, uno sguardo che impara il movimento seguendo lo scorrere
delle acque del Naviglio, attraversando l’apertura della campagna, per poi
giungere alla cornice delle torri bianche, l’inconfondibile simbolo del
quartiere Grotosoglio, che preannuncia la città.
Questo
è uno scampolo di campagna che si presenta come un monumento vivente, la nostra
più remota storia ancora oggi animata dal lavoro contadino, dai cavalli che si
muovono accompagnanti dai cani, da una fauna che Milano sembra non conoscere,
persino dalla garbata presenza di una coppia di cicogne.
Uno
scampolo di territorio sospeso tra campagna e città, tra questo presente,
fortunatamente ancora vicino alla bellezza, e un imminente futuro tristemente
dominato dall’incontenibile lottizzazione: intorno alla cascina Basmetto si
agita il valore simbolico di una metropoli chiamata a scegliere quali valori
rispettare, poiché i luoghi, così come le città nel loro insieme, se vogliono
essere veramente abitabili devono saper appartenere al cuore.
Il
Comitato Basmetto, che si sta battendo per la salvaguardia di questo monumento
di periferia, si è trovato come logo l’immagine della possente cascina
sovrastata dal volo di un airone: questo è il presente, il futuro ci fa
immaginare un nuovo logo dove i mattoni posati nel lontano 1.400, probabilmente
dai frati benedettini che accoglievano il viandante che giungeva in città e che
coltivavano la terra utilizzando magistralmente le acque, lasceranno il posto
ai nuovi muri dei soliti palazzi sparati a raffica sul territorio.
I
muri della storica architettura lombarda saranno presto soffocati dai soliti
cubi di sei piani, ovviamente non costruiti per abitare, ma solo per farci
dimenticare il volo degli aironi e il lavoro dei campi, per farci dimenticare
la storia, che per noi ha il nome Basmetto.
Nelle
ultime case a sud di Milano l’agricoltura è l’originario padrone di casa che
già troppo si è sacrificato per accogliere i cittadini, ospiti che dovrebbero
essere sempre grati – GratoSoglio - al territorio che li accoglie.
Le
nuove costruzioni, in quello che è stato il Parco Agricolo Sud, saranno erette
intorno agli storici muri della cascina soffocando in una implacabile
morsa la grandezza delle sue linee, chiudendo ogni prospettiva che ora
invita l’occhio al gusto del bello, perché per ora, proprio lì, lo sguardo può
ancora incontrare l’armonia, uno sguardo periferico che può ancora spaziare
passando dall’abitazione alla spiga, dall’asfalto ai colori delle stagioni.
Chiediamo
cortesemente la vostra attenzione poiché ci sentiamo testimoni di un atto
vandalico ai danni del bello che sino a oggi è faticosamente sopravvissuto
nelle nostre periferie; non possiamo stare zitti, indifferenti a ciò che,
ancora una volta, sta accadendo: la sottrazione del “suolo bene comune”, la
mortificazione dell’idea del bello come condizione dell’abitare.
La
volontà di costruire case proprio intorno alla cascina, a pochissimi metri di
distanza dai muri perimetrali, appare come una vera e propria disposizione da
assedio: è un accerchiamento che soffoca la cascina deprivandola del suo spazio
vitale.
Possiamo
parlare di distruzione poiché è evidente che non ci troviamo di fronte al
nobile atto del costruire, non siamo nell’ambito del pensiero, non siamo certo
di fronte all’idea dell’abitare.
Eppure
questa campagna può rappresentare il futuro, assolutamente attuale nella sua
apparente inattualità; è il luogo che può ancora comprendere nel suolo
metropolitano la meraviglia della biodiversità, l’insegnamento sociale che la
terra può affidare alla postmodernità.
Nelle
periferie c’è un deficit di bello, è quindi necessario tutelare il valore
estetico della cascina, delle sue vere mura, del suo essere autentico, poiché
il bello deve essere vero, perché il bello ha sempre a che fare con l’etica.
L’etica,
a differenza di questo dannato suolo, non ha prezzo, come la nostra dignità di
abitanti delle periferie che non può essere svenduta ai soliti appetiti
bulimici: non c’è prezzo per questa risorsa che è un bene comune.
La
cascina Basmetto è il prezioso simbolo della bellezza sopravvissuta al degrado
urbano, storia e natura alle porte di Milano, l’armonico innesto tra campagna e
architettura, tra la produzione agricola e l’abitare metropolitano.
La
dignità delle periferie è debole e invoca aiuto.
L’abitare
ha bisogno di storia
Perché
nella nostra città non c’è posto per l’idea di mantenere in vita ciò che c’è di
bello?
Perché dobbiamo sacrificare l’uno, il
campo di riso, per salvare l’altro, il tetto cadente?
N.B. La cascina Basmetto, per il suo valore
paesaggistico, è stato dichiarato un bene di “interesse storico
artistico” il 05.06.2006, con
decreto della Direzione Regionale
per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia - ai sensi dell’ Art. 10 comma 1 del D Lgs 22.01.2004 N. 42
–
www.cascinabasmetto.it/ sito ufficiale della cascina
La
storia di Basmetto è la storia di Gratosoglio, dal sito.100milano.com/cascine/
Il quartiere a sud di Milano, chiamato “Gratosoglio”, è un
territorio importante per la storia di Milano.
Le prime fonti
storiche riguardo la cascina risalgono alla metà del XIV secolo e la indicano
come preziosa proprietà del Monastero di San Barnaba in Gratosoglio. La stessa
viene qualificata quale autenticità storica entro la periferia sud del Comune
di Milano, periferia notoriamente carente di beni architettonici di valore
storico, artistico e culturale. Una leggenda racconta della presunta venuta
dell’apostolo San Barnaba a Milano, il quale raccontò dell’ospitalità, della
convivenza e della convivialità avuta e che al momento di congedarsi, avrebbe
detto “Ti saluto, o grata soglia”. San Barnaba è ritenuto uno dei fondatori
della Chiesa Milanese e il suo saluto spiegherebbe l’origine del toponimo
Gratosoglio. L’architettura
di Cascina Basmetto è quella tipica della corte agraria lombarda chiusa.
A nord si trova l’edificio principale,
“la Casa Padronale”, costruito su due piani; è la parte più alta dell’intera
costruzione, esso spicca sia perché permette un controllo sull’attività interna
sia per il portico a tre campate sorretto da quattro colonne di pietra e
ricoperto da un pittoresco glicine. L’aia era considerata il cuore della
cascina. I salariati, al mattino presto, lì, ricevevano le direttive e le
mansioni per i lavori giornalieri. Sull’aia arrivavano i carri con il carico del raccolto, come ad esempio i
cereali, che appena raccolti venivano stesi al sole per asciugare. In alto, sul
tetto, si ergeva un piccolo campanile con un campana, il cui suono scandiva la
giornata lavorativa, andato distrutto nell’agosto del 1999 dopo un cedimento
strutturale e non più ripristinato. Ai lati est e ovest si trovano le
abitazioni, un tempo destinate ai salariati, per tipologie di lavoro tipo il
fattore, il camparo, il caporale, il mungitore. Nel blocco orientale ci sono le
stalle coperte da un porticato e da fienili, le due stalle più piccole, un
tempo utilizzate per il ricovero di cavalli e buoi, un tempo unica forza
motrice per trainare i vari mezzi di trasporto e gli attrezzi agricoli (aratri,
erpici, seminatrici) e una più grande stalla per le bovine da latte. Appena fuori sul retro della stalla principale si
trova la letamaia e la porcilaia con la struttura architettonica tipica per il
ricovero dei maiali, con soffittatura fatta di travi di legno e paglia di riso.
Accanto
al portone d’ingresso, un porticato ospita i macchinari e i due silos di
stoccaggio per il riso. Sul retro della casa padronale c’è un bel giardino, l’orto ed il pollaio.
Fino agli anni ’70
l’attività principale dell’azienda è stata l’allevamento di mucche da latte e
di altre piccole bestie da cortile; purtroppo tale attività è andata via
via scomparendo. Oggi l’azienda si basa sulla coltivazione di riso e mais e
mantiene un piccolo allevamento di cavalli.
Con gli anni ’80 il Comune di Milano
ha richiesto sempre più spesso all’azienda la cessione di porzioni di ettari di
terreno per dar luogo ad insediamenti immobiliari, così nel corso degli ultimi
anni la superficie coltivabile disponibile all’Azienda Agricola Basmetto si è
ridotta di ben 20 ettari.
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