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venerdì 14 marzo 2014

Sulla situazione a Gratosoglio

14 marzo 2014


ROMPERE LA GABBIA


Non vogliamo programmare
in base a quello che abbiamo,
ma in base a quello che vogliamo

Giuseppe Dozza
Sindaco di Bologna dal 1945 al 1966





Tra la via dei Missaglia e il Naviglio Pavese, all’estremo Sud di Milano, la metropoli si confonde con la campagna. Qui il verde e l’agricoltura stanno cercando di sopravvivere al cemento, così come gli abitanti di Gratosoglio stanno cercando di sopravvivere al degrado.
Come tutte le periferie è stata storicamente utilizzata per creare i quartieri dormitorio e fornire una sistemazione alla prima grande migrazione dal Sud Italia negli anni ’60. In quegli anni sono nati i grandi caseggiati a forma di scatola, dove l’abitare non contempla il bello, dove l’identità non viene promossa ma costretta alla rinuncia, dove la storia viene sistematicamente rimossa.
Le aree di confine, quelle oltre le mura della città, da sempre sono state destinate a essere zone di marginalità, spesso utilizzate come discariche, come luoghi dove gettare ciò che non serve, ciò che non deve essere visto.
Negli ultimi tempi la situazione sta peggiorando. Gratosoglio è sempre di più una discarica ambientale e sociale.
Il campo rom è stato realizzato dentro una risaia, un luogo dove è difficile immaginare di costruire una relazione con il resto del quartiere.
Via Salvanesco e via Chiesa Rossa sono la “terra dei fuochi meneghina” dove, per molti anni, gli inquinanti sono stati versati tra orti e campi coltivati. Non siamo sicuri che sia finita, ma siamo sicuri che non è in atto la bonifica.
Le criticità sono in aumento, anche perché la giunta Pisapia continua a concentrare in quartiere situazioni potenzialmente esplosive dal punto di vista sociale. E lo fa senza coinvolgere gli abitanti nelle scelte, sempre calate dall’alto.


La scuola gialla
La grande mensa per i senza fissa dimora (Fondazione San Francesco) è parcheggiata “temporaneamente” in quartiere da 7 anni. Quando venne trasferita da via Moscova, ci dissero che i poveri non potevano mica rimanere in centro. I poveri non possono stare in vetrina, figuriamoci in tempi di Expo. La crisi, come era prevedibile, ha fatto crescere il numero di senza fissa dimora che si rivolgono alla mensa. Nelle aree adiacenti, quando cala il buio, la zona si trasforma in una bidonville. I box e le cantine vengono abitati dalle persone senza fissa dimora e sotto le torri vengono sistemati cartoni e coperte tra escrementi e rifiuti.
Qual è la soluzione? Il Comune di Milano, oltre a dare i soldi alla Fondazione San Francesco con progetti su adolescenza e sicurezza, potrebbe ricordarle che Gratosoglio doveva essere una soluzione temporanea in attesa che nella sede di via Moscova fossero ultimati i lavori di ristrutturazione. Non pensiamo che la soluzione sia spostare il problema. Il problema si risolve distribuendo. Servono molte più mense per i poveri, anche nel centro città, anche in via Moscova, in modo che il numero dei senza fissa dimora che frequentano la scuola gialla di Gratosoglio si riduca e possa quindi essere accolto e coinvolto nel tessuto sociale del quartiere. Quante scuole vuote e abbandonate ci sono a Milano? Quanti altri luoghi potrebbero diventare mense per i poveri? Ci vogliono tante mense per i poveri in tutta la città e non pochissime di cui una a Gratosoglio dove concentrare tutte le persone in difficoltà. Nel frattempo, il Comune potrebbe ripristinare la manutenzione dei parchi giochi per i bambini del quartiere, quelli che in questi ultimi tempi sono diventati degli accampamenti. Potrebbe incrementare l’illuminazione intorno alle Torri e in alcuni parti del quartiere che la sera rimangono completamente al buio, sistemare gli spazi pericolanti delle Torri e intorno alle case rosse, migliorare il servizio di pulizia generale visto che un po’ ovunque si trovano rifiuti di ogni genere.


ALER
ALER ha ricevuto nel 2009 più di 5 milioni di Euro per riqualificare via Baroni e per realizzare nuovi alloggi popolari a canone sociale. In via Baroni c’è qualche cartello in ferro battuto e in quanto alle nuove case popolari c’è sempre una palude con fogna a cielo aperto. E i 5 milioni che fine hanno fatto? Non è dato saperlo. Nessuno si sente in dovere di dare una risposta, nessuno azzarda una spiegazione.
ALER non ha solo questa colpa. Di certo sappiamo come sono stati sperperati i milioni di Euro delle gestioni passate. Voragini economiche in sinergia con foraggiamento degli amici e il malaffare, hanno reso evidente che lo stato comatoso di ALER è il risultato dei dirottamenti delle risorse a rendite di società senza scrupoli che si nutrono del disprezzo verso gli inquilini e dove il degrado delle periferie è perseguito come fine per incrementare e drenare risorse da razziare. Lo stesso schema avveniva nel passato nella gestione del demanio comunale, attraverso i contratti di gestione del patrimonio demaniale del comune con i gestori privati (Romeo, Gemi, Pirelli). Con la gestione diretta di ALER, il sistema non è cambiato. Oggi il Comune e la giunta Pisapia hanno una grande opportunità: deve dimostrare che la lotta al degrado nelle periferie non resta un enunciazione astratta, ma sappia imporre all’ALER con una contrattazione  volta a valorizzare tutte le periferie. Parlando del nostro contesto al  Gratosoglio dove sotto le torri è pieno di ex negozi vuoti e abbandonati, così come spesso vuote sono le ex portinerie, si faccia pressioni nei confronti di ALER affinché conceda gli spazi abbandonati a costo zero alle realtà del quartiere.
Ad ALER non frega niente delle politiche sociali, lo ha ampiamente dimostrato in tutti questi anni. Però il Comune di Milano, al recupero delle periferie non può disinteressarsene. I segnali che sono arrivati fin ora non incoraggiano. Ha “privatizzato” i CAM, sottraendo altro spazio sociale che in passato, soprattutto a Gratosoglio, è stato un punto di riferimento per giovani e anziani. Nei CAM oggi non ci sono le realtà sociali e culturali del territorio, ma i professionisti del sociale. Altri esempi in zona di bandi finiti male o di strutture ristrutturate, arredate e desolatamente vuote sono lo spazio multifunzionale di Via De Andrè, la casa delle associazioni a Gratosoglio, il Ronchettino. E questo solo negli ultimi anni.
Eppure le associazioni, comitati, collettivi in zona 5 non mancano. Basterebbe assegnare a costo zero gli spazi di ALER e del Comune. Il comodato gratuito è una formula che questa Giunta sta applicando in altre parti della città come per la Casa del Volontariato, la Casa delle Donne, la Casa Merini. Perché, allora, non farlo anche a Gratosoglio per le realtà del quartiere?



Politiche sociali
In quartiere non esistono spazi sociali. Per spazi sociali noi intendiamo spazi in cui potersi incontrare senza pagare gli affitti, sempre troppo onerosi, che ALER o Comune di Milano chiedono. Le realtà del quartiere, quelle senza soldi, ma anche senza bisogno di essere finanziate, non hanno luoghi in cui riunirsi o promuovere le proprie iniziative. Eppure a Gratosoglio ci sono scuole, caserme e altri edifici abbandonati. Gli spazi ci sarebbero. Basterebbe non assegnarli ai soliti noti con il perverso meccanismo dei bandi, ma sulla base dell’utilità sociale delle iniziative proposte.
Qualcuno potrebbe obiettare che le politiche sociali in zona 5 sono ampiamente finanziate.  E’ vero, ogni anno alle cooperative sociali che operano a Gratosoglio, piovono quasi un milione e mezzo di euro. Che fine fanno questi soldi? Quali sono le ricadute sul territorio? Quali i servizi erogati? Il Comune si accontenta di leggere i resoconti e le relazioni delle cooperative sociali oppure verifica davvero sul territorio l’efficacia degli interventi finanziati? La sensazione che abbiamo, noi che questi finanziamenti non li riceviamo e nemmeno li chiediamo, è che servano solo a spartirsi le risorse tra i soliti soggetti, sempre gli stessi da molti anni. Noi, associazioni, comitati, gruppi, collettivi, realtà di base della zona, non vogliamo soldi, vogliamo spazi e li vogliamo gratis! Questo dovrebbe fare il Comune se avesse a cuore le politiche sociali in un quartiere di periferia: rendere disponibili gli spazi a tutte le realtà del territorio senza strangolarli con gli affitti!


No ai ghetti
In periferia pulsa la vita, quella mossa dalle contraddizioni, quella che non può essere messa in vetrina. Tra i suoi tetti di Eternit e i detriti abbandonati sono sopravvissute le preziose marcite e le antiche risaie, la periferia riesce ancora a essere una culla delle biodiversità, ambientali e sociali. Per questo, nonostante il degrado, l’abbandono, lo sperpero di denaro pubblico, esistono ancora decine di associazioni, gruppi, collettivi, circoli, come quelli che si riuniscono nella Retecinque. Retecinque è un insieme di realtà della zona 5 nata poco più di un anno fa che lo scorso giugno ha organizzato la Festa Popolare delle Associazioni nel parco delle Cascine Chiesa Rossa. Ne fanno parte realtà sociali, culturali, aggregative. Si tratta di associazioni, comitati e collettivi costituiti da cittadini della zona 5, non da professionisti del “sociale”. Organizziamo iniziative perché ce n’è bisogno per combattere il degrado e reagire all’indifferenza, per rivendicare il diritto a vivere in un quartiere dignitoso.
Noi vogliamo vivere in una periferia viva. Vogliamo che il Comune di Milano la smetta di considerare la periferia come una discarica sociale. Il ghetto lo sta costruendo questa Giunta con politiche simili a quelle della Giunta precedente. Sono queste politiche che creano le situazioni d’emergenza e contribuiscono a creare un clima che sembra fatto apposta per incentivare le politiche razziste, xenofobe e fasciste. Forza Nuova, grazie ai suoi amichetti dell’ALER, ha già aperto una sede in zona 5. Fascisti e razzisti sono utili ai potenti di questa città perché diffondono messaggi semplici come: Non hai la casa? Non hai lavoro? La colpa è degli immigrati.
Ripetono questa storia da anni, solo per metterci uno con l’altro. Al mondo ci sono sfruttati e sfruttatori. Noi siamo gli sfruttati, come i nostri fratelli immigrati. La nostra rabbia, la nostra lotta, la indirizziamo contro chi ci sfrutta. Sono gli sfruttatori quelli che ci tolgono il lavoro, lo rendono sempre più precario e sottopagato, cancellano i diritti fondamentali e ci tolgono le case. Lo fanno per speculare e per arricchirsi alle nostre spalle. Gli sfruttatori hanno i loro cani da guardia. Sono i fascisti, da sempre amici dei potenti. Fascisti, razzisti, xenofobi, sono utili ai potenti perché alimentano la guerra tra poveri. Sono un’arma di distrazione di massa. E per questo sono ricompensati dai potenti.

Per rompere la gabbia, per uscire dal ghetto, per evitare che il quartiere diventi terra di conquista dell’estrema destra, noi crediamo che si debba iniziare così:
-       valorizzare, quindi non ostacolare con la burocrazia, le tasse e le gabelle, le risposte creative che il territorio sa dare alla spontanea domanda aggregativa, come insegna l’esperienza che si è raccolta intorno al Circolo dei Talenti nel Parco delle Cascine Chiesa Rossa.
-       costruire luoghi di decompressione della tensione sociale per promuovere una reale coesione, il confronto, la conoscenza. Un esempio è ben rappresentato dall’ex Dazio di via Chiesa Rossa, tra la cascina Basmetto e il campo rom. In questa area il Comitato Basmetto ha da tempo avanzato un progetto che trasformi il Dazio in un punto logistico per una rete di piste ciclabili tra i parchi della zona e come punto vendita dei prodotti dei contadini del Parco Agricolo Sud. Si tratterebbe di trasformare un edificio abbandonato in un’area dove incontrarsi, conoscersi, organizzare iniziative. E’ una proposta avanzata dagli abitanti del quartiere Basmetto, ma il Comune sembra disinteressarsi alle iniziative “dal basso”, infatti, continua ad avanzare altri progetti, senza mai peraltro realizzarli.
-       promuovendo l’utilizzo di spazi a costo zero nei parchi, nei negozi abbandonati, nelle ex portinerie, ex scuole, ex caserme, per iniziative sociali, culturali e aggregative. Il degrado si combatte con quartieri vivi. Per vivere c’è bisogno di spazi, ma le realtà della zona non hanno soldi. Non abbiamo soldi, ma tante idee e la voglia di metterle in pratica. Basta spazi vuoti! Li vogliamo aperti e disponibili a costo zero!
-        In zona 5 non ci sono solo spazi vuoti, ma anche aree verdi inutilizzate. Noi vogliamo che si possano realizzare orti urbani nelle aree verdi abbandonate.


Non ci limitiamo a criticare, a denunciare e a lamentarci, ma vogliamo agire. In primavera e in estate saremo presenti a Gratosoglio e in tutta la zona 5 con iniziative pubbliche, feste, flash mob, volantinaggi e manifestazioni. Sarà l’occasione per proseguire la discussione su questi e su altri temi. Sarà l’occasione per dimostrare, nella pratica, che le cose possono cambiare. In attesa che il vento cambi davvero, noi ci mettiamo a soffiare in direzione ostinata e contraria perché siamo convinti che il battito d’ali di una farfalla possa provocare un terremoto.