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giovedì 23 luglio 2015

Giù le mani dal portico!

IL GOLPE DI AGOSTO
fermiamo il bando sociale che privatizza un bene comune!

La storia è cominciata più o meno 3 anni fa all’interno del parco Cascine Chiesa Rossa, nella zona sud di Milano, a pochi passi dalla metropolitana di Piazza Abbiategrasso. Il settore demanio del Comune di Milano fa un bando commerciale a rilancio d’asta per un piccolo locale di 25 mq da adibire a bar e un portico di 600 mq che fa parte del complesso cascine Chiesa Rossa. Il bando è commerciale, ma alla fine se lo aggiudica una onlus da tempo attiva in zona 5: Antigua. Antigua onlus dà vita al Circolo dei Talenti, ma non ragiona in termini commerciali. Il portico è uno spazio libero. Per frequentarlo non servono tessere o consumazioni obbligatorie. E così, in poco tempo, migliaia di persone lo animano. Sotto il portico s’incontrano, partecipano e organizzano iniziative: feste popolari, attività culturali, sociali, aggregative. Sotto il portico nascono una ciclofficina e un campus autogestito per 30 bambini della zona che durerà 45 giorni durante l’estate del 2014. Sotto il portico trovano ospitalità associazioni, comitati, collettivi, un gruppo d’acquisto solidale, tantissime realtà che promuovono iniziative, gli studenti che vi trascorrono i pomeriggi a studiare, gli anziani, le famiglie con i bimbi piccoli, i migranti: tutti quelli che esprimono il bisogno di un’alternativa all’abbandono delle periferie, al degrado, al silenzio, alla solitudine. Ma non ragionare in termini “commerciali” come ha fatto Antigua onlus e il Circolo dei Talenti nei 3 anni passati produce anche un effetto collaterale. L’associazione non riesce a sostenere un affitto troppo oneroso. Non ce la fa a pagare 2.000 Euro al mese e accumula un grosso debito con il Comune di Milano.
Dal mese di gennaio di quest’anno, come utenti del portico abbiamo sostenuto il Circolo dei Talenti dando vita a un comitato. Abbiamo cercato di interloquire con il Comune di Milano e con il Consiglio di Zona 5. Abbiamo cercato in tutti i modi una soluzione che consentisse di non chiudere un’esperienza troppo importante per tante persone. Abbiamo avanzato diverse proposte, ma non abbiamo mai avuto risposte convincenti. E il 7 luglio, inesorabilmente, un funzionario del demanio si è presentato per riprendersi le chiavi del Circolo dei Talenti. Il Comune di Milano ha decretato decaduta la concessione e ha proceduto con lo sgombero per morosità.
Due giorni prima che ciò accadesse, domenica 5 luglio, un’affollata assemblea, dava vita a SOTTO IL PORTICO, Comitato per la gestione condivisa del portico Chiesa Rossa.
Chi siamo? Siamo quelli che in questi 3 anni hanno animato e frequentato il portico. Siamo un collettivo aperto a tutti i cittadini utenti di questo bene e molti di noi sono presenti nella vita del quartiere anche attraverso associazioni, comitati, collettivi, gruppi informali e centri sociali. Siamo quelli che in questi 3 anni hanno frequentato e animato il portico all’interno del parco Cascine Chiesa Rossa. Abbiamo deciso di costituire un comitato PER la gestione e non DI gestione perché il portico è un bene comune. E’ di tutti. E’ pubblico. E’ popolare. E’ uno spazio aperto e libero. Non vogliamo essere i “titolari” o i “proprietari”. E in queste settimane, nonostante i 40 gradi, la carenza di bagni pubblici, l’assenza di corrente elettrica e perfino di una fontanella d’acqua, abbiamo continuato ad animare il portico: danze popolari, cineforum, ping-pong, assemblee, feste di compleanno per i bambini. E le iniziative andranno avanti anche in agosto. Vogliamo la continuità con l’esperienza fatta in questi 3 anni e vogliamo rappresentare un presidio perché uno spazio vuoto è già degrado.

Perché non vogliamo la messa a bando del portico?
Qualche giorno fa è comparso un cartello, non firmato (forse un po’ si vergognano), che è stato affisso alla porta di quello che è, purtroppo, l’ex Circolo dei Talenti. Il cartello benché non datato né firmato, sembra informare che entro fine luglio verrà pubblicato un bando sociale che si chiuderà il 20 settembre per il locale di 25 mq da adibire a bar e il portico di 600 mq. L’affitto, si dice, non sarà più dovuto perché è previsto un contratto con 3+3 anni gratuiti. Perché non ci piace? Il bando è una gara. Chi vince resta e gli altri vanno a casa. Noi non vogliamo gare. Non vogliamo essere costretti a scegliere tra le attività per i bambini e quelle per anziani, tra lo spazio per studenti e le iniziative per i giovani, tra la briscola e la scala quaranta, la mazurka e il tango. Il portico è sufficientemente accogliente e ampio per ospitare tutti. Così come è successo in questi 3 anni. Fare un bando significa privatizzare. Chi vince deciderà chi, come, quando e quanto si potrà frequentare il portico all’interno del parco. I “privatizzatori” del Consiglio di Zona 5 hanno già detto che sarà a discrezione dei vincitori stabilire se la fruizione continuerà a essere libera oppure no, mentre la partecipazione alle decisioni sarà necessariamente limitata ai vincitori del bando. Il rischio è quello di dover fare una tessera oppure dovere consumare obbligatoriamente al bar per poter continuare a frequentare una porzione di parco. Ma non è assurdo tutto ciò? La messa a bando è una privatizzazione del portico! Le decisioni non saranno più collettive, ma delegate al vincitore. Fare un bando vuol dire delegare al privato sociale la scelta di cosa si farà sotto il portico. Noi questo non lo accettiamo perché questa è la negazione stessa del concetto di bene comune. E non capiamo nemmeno l’accanimento della giunta Pisapia e del Consiglio di Zona 5 nel voler procedere con un bando. Paolo Limonta, che conosce bene la situazione del portico, presiede anche il “tavolo spazi” del Comune di Milano. Dopo un anno di lavoro quel tavolo ha recentemente elaborato una proposta di delibera per la difesa dei beni comuni. Tra le tante cose che si affermano in quella proposta di delibera si dice che i bandi non sono il sistema migliore per valorizzare e difendere i beni comuni. Ne siamo convinti anche noi. Anzi pensiamo che i bandi siano proprio la negazione stessa del concetto di bene comune proprio perché lo privatizzano, lo sottraggono alla collettività, lo consegnano a un solo soggetto vincitore. E allora? Come è possibile coordinare un tavolo di lavoro che vuole difendere i beni comuni e alla prova dei fatti in zona 5 sostenere nella pratica tutt’altro? Qual è il vero Paolo Limonta? Quello che difende i beni comuni o quello che li privatizza?
Come se non bastasse, questo bando sociale è fatto di corsa. Uscirà a fine luglio e rimarrà aperto solo fino al 20 settembre. Si rivolge al mondo No profit e gli lascia solo il mese di agosto e pochi giorni a settembre per studiarlo e decidere se e come parteciparvi. Un bando ad agosto è un bando da sdraio, lettino e ombrellone. Induce inevitabilmente al sospetto. Quando hai così fretta sembra che hai già deciso chi lo deve vincere e vuoi evitare che troppi altri vi partecipino. E questo bando nasce anche con una buona dose di arroganza. Dopo 3 anni di attività sociali e culturali che hanno visto la partecipazione di migliaia di cittadini, dopo che si è costituito un Comitato PER la gestione condivisa del portico Chiesa Rossa che sta animando quello spazio anche in queste settimane d’estate, nessuno, né Consiglio di Zona 5, né Giunta Pisapia, né assessorato al demanio, si sentono in dovere di ascoltare l’esperienza maturata in 3 anni e di recepire le istanze che ne derivano.

Che cos’è un bene comune?
Noi lo abbiamo imparato nella pratica. Per 3 anni, grazie al Circolo dei Talenti e all’associazione Antigua onlus, abbiamo potuto materializzare questo concetto. Abbiamo frequentato e animato il portico all’interno del parco Cascine Chiesa Rossa senza spendere, senza consumazioni, senza tessere e senza biglietti d’ingresso. Un bene comune, per noi è uno spazio collettivo dove incontrarsi e dare delle risposte alle proprie esigenze. E’ l’opposto di uno spazio privato, perché privato significa sottratto alla collettività. Il portico è stato e continua a essere anche ora uno spazio aperto, libero, gratuito, democratico, autogestito, antifascista, popolare. In poche parole: un bene comune.
Quello sui beni comuni è un dibattito ampio e molto interessante. A noi piace la definizione che ne dà Stefano Rodotà quando afferma che “i beni comuni non coincidono né con la proprietà privata, né con quella dello Stato, ma esprimono dei diritti inalienabili dei cittadini. Tutti ne possono godere e nessuno può escludere gli altri dalla possibilità di goderne. E’ un bene che implica condivisione e partecipazione e non può essere privatizzato né sottoposto a restrizioni”.
Il portico si è rivelato insomma un esempio, minore ma significativo, di un’esperienza di grande rilievo nel dibattito culturale del nostro Paese: la questione dei beni comuni e delle forme della loro gestione. Acqua e tutela ambientale furono i primi beni pubblici a essere definiti “comuni”. E proprio la schiacciante vittoria nel referendum del 2011 ne evitarono la privatizzazione. Da allora un bel pezzo di strada è stata fatta, ma il dibattito sui beni comuni è solo all’inizio ed è un percorso che lascia grandi speranze di allargamento e avanzamento delle lotte sociali.
L’esperienza di 3 anni sotto il portico Chiesa Rossa ci ha insegnato alcune cose importanti:
1)   Uno spazio che è funzionale alla vita di alcuni aspetti di una comunità specifica (la comunità di tutti coloro che ne usufruiscono o ne possono usufruire) non può essere vincolato a interessi diversi, non può essere privatizzato.
2)   La partecipazione alla gestione non può essere sottratta agli utenti che devono essere i protagonisti delle decisioni, né essere delegata a qualche gruppo esclusivo o escludente, ma deve restare diretta e aperta a quella collettività che si darà autonomamente le forme organizzative necessarie.
3)   Che le istituzioni pubbliche (Comune o altro) che detengono la proprietà o il controllo del bene su cui vive questa esperienza devono fornire le condizioni necessarie allo sviluppo della “partecipazione” dei cittadini, garantendo le condizioni elementari indispensabili (acqua, corrente elettrica, strutture sanitarie, igieniche, ecc.), ma soprattutto devono astenersi dal frapporre ostacoli alla partecipazione diretta e non delegata degli utenti.

Cosa vogliamo?
Chiediamo che il portico non venga messo a bando. Mettete a bando il bar, ma non il portico. Altrimenti sarete responsabili della privatizzazione di un bene comune. E’ la cosa più semplice da fare. Il portico deve continuare a essere un bene comune aperto a tutti e perciò non può essere ceduto al vincitore del bando. Il portico può continuare a vivere con un comitato di gestione che organizza e promuove le iniziative. Solo così sarà garantito il libero accesso per 365 giorni all’anno. Solo così uno spazio frequentato da migliaia di persone non sarà privatizzato e soggetto a restrizioni o regole di “mercato”. Non capiamo proprio per quale ragione oltre al locale di 25 mq da adibire a bar debba essere messo a bando anche il portico. E’ lo stesso errore che è stato commesso 3 anni fa quando fu fatto il bando commerciale a rilancio d’asta. In quel caso però una logica, che non ci appartiene, era almeno presente. Il settore demanio, infatti, aveva come obiettivo quello di raccattare più soldi possibili. Per questo faceva il bando a rilancio d’asta. Cioè, significa che vince chi offre di più. E per rendere più appetibile l’offerta, oltre al piccolo bar includeva il portico di 600 mq. Ma oggi il settore demanio non sta studiando un bando a rilancio d’asta, ma un bando sociale. Non è previsto nemmeno il pagamento dell’affitto perché verranno concessi 6 anni di gratuità per il bar e il portico. E allora perché bisogna concedere il portico al vincitore, sottraendolo alla collettività? Perché dobbiamo cedergli uno spazio di 600 mq all’interno di un parco pubblico che potrà utilizzare come coperti del servizio bar? E soprattutto perché dovremmo consetirglielo visto che non pagherà nemmeno l’affitto?




Siamo ancora in tempo per difendere un bene comune ed evitare la privatizzazione!
Per farlo, basta escludere il portico dal bando sociale!
Il portico Chiesa Rossa deve rimanere uno spazio aperto, popolare e gratuito:
senza tessere, biglietti d’ingresso o consumazioni obbligatorie!







SOTTO IL PORTICO
Comitato per la gestione condivisa del portico Chiesa Rossa



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